Rispondi
Rispondi a:
(copincollo qui)
Rattrista, sotto molti aspetti, sentire il grido d’aiuto di Julian Assange, che annuncia che il suo progetto sta svanendo e che WikiLeaks sta affrontando, probabilmente, il secondo peggior momento della sua giovane vita (il primo fu il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, e la ribalta mondiale che agì come agente di squilibrio di tutto il sistema, sino al successivo, temporaneo, assestamento). Come spesso accade, si parla tanto di principi nobili – la libertà di manifestazione del pensiero, i diritti umani, la sacralità della stampa, i benefici della trasparenza – ma quelli che sono veramente importanti sono i soldi. Assange ci annuncia che finanziariamente la situazione è critica. Che è costretto a sospendere il progetto per cercare finanziatori. Viene da domandarsi, allora, che cosa abbia causato una situazione di questo tipo. Penso che sia errato cercare di individuare alcuni singoli fattori che stanno spingendo alla bancarotta il progetto, anche perchè il binomio Assange nel privato/WikiLeaks è, diventato, nel corso di questi anni, un qualcosa di unico e inscindibile. Un primo punto, è chiaro a tutti, è quello dei finanziamenti che non arrivano più. Ciò ci dimostra la fragilità di qualsiasi progetto, oggi, grande o piccolo che sia, e soprattutto di qualsiasi progetto informatico. Se non arrivano soldi (e non tanto per la costituzione del progetto, ma per la sua manutenzione nel corso degli anni), il progetto si arena. Salta. È una legge ben nota nel mondo dell’informatica: si dovesse fare il conto dei soldi buttati, sorattutto dallo Stato italiano, per il lancio di faraonici progetti (e il conseguente appalto a sedicenti esperti) che poi sono implosi e non si sono mai realizzati, la lista sarebbe davvero lunga. Sono bastati cinque o sei grandi operatori – ma quegli operatori che oggi hanno in mano la circolazione del denaro reale nel mondo digitale – per mettere in crisi un progetto grandioso come quello di Assange. Se, oggi, coloro che si occupano dei pagamenti - PayPal in testa – e qualche operatore di money transfer si impuntano, e chiudono i loro servizi, qualsiasi progetto è isolato. Non riceve fondi. A mio avviso, il progetto Wikileaks ha pagato anche una sorta di commistione tra le spese per le questioni legali di Assange e le spese per il progetto. Questa è stata, secondo me, una strategia molto abile da parte dei nemici di Assange. Tutti conosciamo i costi di procedimenti legali che riguardino anche i sistemi giudiziari di più Paesi. Quando Assange si è visto costretto a creare un fondo per la difesa legale e, allo stesso tempo, tenere aperto il conto di WikiLeaks per i contributi al progetto, ha dato vita a una situazione confusa che ha disorientato molti potenziali contributors che non sapevano bene se il flusso di cassa tra i due conti fosse continuo o “stagno”. La vicenda dei diritti d’autore ceduti per l'autobiografia, poi rimessi in discussione, è un altro esempio di questa “confusione contabile”. A parte la pressione psicologica di dover procedere, allo stesso tempo, al recupero di fondi per la sua difesa (quasi un nuovo progetto WikiLeaks, per quanto riguarda l'ammontare dei costi!) e fondi per il progetto, e la distrazione portata da vertenze legali comunque ansiogene, fatale è stato il quadro disegnato dal blocco dei canali di approvigionamento tradizionali (ma più che tradizionali, comodi: un conto è finanziare un progetto con un click o una e-mail, un conto è fare un bonifico, senza contare i problemi correlati alla volontà del donatore di rimanere anonimo). La doppietta blocco dei finanziamenti + azione legale (costosissima), azioni che sembrano distanti ma che alla fine hanno finito per convergere sul patrimonio di Assange e hanno portato confusione nel potenziale donatore, sono stati una prima strategia molto efficace. La questione dei fondi riguarda anche la scelta (e lo stipendio) dei collaboratori, elemento essenziale di ogni progetto informatico ma che nel caso di Wikileaks assume connotazioni particolari sia per il carattere di Assange, sempre stato difficile e diffidente verso i collaboratori, sia per le necessità di segreto e la delicatezza della scelta del collaboratore in un progetto dove il timore dell’insider deve essere valutato in maniera assolutamente precisa. Ed è chiaro che un progetto come WikiLeaks non può essere materialmente gestito da una persona sola. Certo, il problema di una cronica mancanza di fondi è ormai da anni un aspetto tipico di ogni associazione, soprattutto di attivisti, anche più estesi e presenti sul territorio di WikiLeaks, ma in questo caso c’è stata una azione deliberata, appoggiata dalla politica, che si è dimostrata letale. Un secondo pensiero che mi sovviene è che la deriva di WikiLeaks sia stata portata anche dalla scarsa, per molti versi nulla, percezione dell’importanza dei documenti rivelati in moltissimi Stati nel mondo. Che sia per assuefazione da parte del lettore/spettatore, che sia per un “disordine” abbastanza fastidioso del materiale, in molti casi, che in una società sempre più rapida fa rinunciare alla ricerca, che sia semplicemente per un disinteresse diffuso sulle questioni critiche (e tragiche) della nostra società, vi è un po’ l’impressione che in tante parti del mondo, che pure avevano accesso al sito, il materiale sia stato trattato con assoluta indifferenza. Volendo fare una battuta, ma con una punta di verità, sembrava ci fossero soggetti molto più interessati ad attivare mirrors di WikiLeaks in momenti di crisi e di attacco al sito che soggetti disposti a vagliare e a guardare tra i file per aumentare la consapevolezza nel grande pubblico di tali contenuti. Se questa mia impressione è vera, ma spero di sbagliarmi, si palesa un problema molto più grande: la trasparenza di tutti gli accadimenti più terribili della nostra società diventerà vana semplicemente perché ha perso la capacità di emozionare, di cambiare, senza esagerare, la vita delle persone. Sarà la bulimia di morti, uccisioni, sangue, ma l’impressione è che oggi sia venuta anche a mancare l’efficacia dirompente che un documento importante, che sia la ripresa di un assassinio di civili in guerra o uno studente che muore, una devastazione dell’ambiente o episodi di prigionia illegale o di tortura, ha sulla gente. Come dire: i documenti presentati da WikiLeaks sono importantissimi, ma oggi interessano a pochi e sono capaci di scuotere troppo poco la coscienza di chi li vede. In alcuni casi, poi, il vaglio dei documenti, in molti Paesi, da parte di giornalisti che hanno scelto quali documenti evidenziare, è stato un pescare dal mucchio, spesso in base a convenienze politche, e ha fatto smarrire il grado di importanza che i documenti hanno. Il livello di importanza degli stessi. Un livello che la sensibilità del giornalista dovrebbe invece sempre percepire. Un terzo punto è che, secondo me, ogni progetto oggi ha una ciclicità obbligatoria. È destinato, per vivere, a mutare, a cambiare in fretta, ad evolversi. WikiLeaks sembra un po’ un Governo fermo che, per i motivi personali del fondatore (personaggio chiuso, criticato, poco portato a delegare), preferisce implodere o lasciarsi andare, più che trovare la forza per mutare, per scomparire e rinascere con forme e contenuti nuovi. Per i motivi esposti sopra, e me ne dispiaccio, il quadro si sta facendo fosco. Ogni giorno che il progetto è fermo, nell’era digitale, significa passi indietro. I fondi necessari per ripartire saranno sempre maggiori. Dispiace, soprattutto, registrare ogni giorno uno spreco diffuso di risorse e denaro (si pensi ai finanziamenti alla finta stampa di partito) e vedere un progetto che, criticabile o meno, ha comunque cambiato la storia diplomatica, politica e dell’informazione, pian piano spegnersi. Ma è così. L’ottimismo, però, deve rimanere. Comunque WikiLeaks, sia che risorga, sia che si trasformi e muti fino a rinascere in un altro modello, sia che muoia, ha lasciato dei principi, anche nell’inconscio, che porteranno ad altri progetti e ad altre avventure simili. Sono tantissimi da elencare: non solo la classica idea che fa sognare del "Davide contro Golia", ma il potere della trasparenza, l’evidenziare che il segreto è il metodo migliore quasi sempre per nascondere informazioni che non si vuole che il cittadino sappia, un uso della crittografia e delle forme di connessione anonime al fine di consentire comunicazioni sicure. Soprattutto, ha piantato i semi per tante iniziative che stanno nascendo e che si propongono di gestire le soffiate, di monitorare e mappare gli episodi di corruzione, di vagliare con attenzione i dati pubblici, di segnalare sul Web i casi di tangenti. Di usare le tecnologie come strumento per tenere sotto controllo il potere. Questi principi, ormai instillati, non saranno spazzati via da quattro società che bloccano i conti correnti o da quattro politici che domandano la pena di morte o il carcere a vita per Assange. Sono una eredità silenziosa che sta già minando la nostra società dal basso, da dentro, e che forse porterà benefici ancora prima che uno se lo aspetti. Sempre che anche questa spinta non cada nell’indifferenza e nell’insensibilità, probabilmente i due problemi maggiori dei nostri tempi. E non sono problemi tecnologici.Perchè WikiLeaks morirà (e perchè non morirà mai)
Accedi
Devi inserire Nome utente e Password per inviare un messaggio. Se non li hai prosegui inserendo il contenuto della risposta e i dati personali (nome, cognome e email) oppure Registrati